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Licenziamento disciplinare |
Abstract | Il licenziamento di natura disciplinare | Parallelismi con il giustificato motivo oggettivo | La contestazione dell’addebito | Comunicazione scritta | Immodificabilità e proporzionalità | Immediatezza della contestazione | Illegittimità ed applicazione dell’articolo 18 | Sentenza della Corte Costituzionale | Riferimenti |
La risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato da parte del datore di lavoro, dopo l'originaria applicazione civilistica generalizzata dell'art. 2118 c.c., che consente alle parti di risolvere il rapporto di lavoro con preavviso, vede limitata l'applicabilità della libera recedibilità ad ipotesi residuali. La regola, infatti, è che il licenziamento possa essere intimato esclusivamente in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. Nel primo caso, si applica l'art. 2119 c.c., nel secondo, invece, l'art. 3 della legge n. 604/1966. Per quanto concerne il licenziamento per cause imputabili al lavoratore, ci troviamo nell'ambito dei licenziamenti disciplinari. Un'area fortemente influenzata dalle interpretazioni fornite dalla giurisprudenza ed in ogni caso un quadro applicativo basato sulla impossibilità di procedere con immediatezza ad un licenziamento. Si tratta infatti di una ipotesi di sanzione disciplinare per la quale si applica la procedura prevista dall’art. 7 della Legge n. 300/1970. L'atto espulsivo, infatti, presuppone la necessità che il datore di lavoro proceda preliminarmente alla contestazione dell'addebito al lavoratore per consentirgli il diritto di difesa. Solo successivamente potrà assumere la decisione di recedere dal contratto di l...
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